Ortensia, spettrale e nerovestita, e Anemone, raggiante e coloratissima: due gemelle "non monozigote", se ovuli distinti bastano a spiegare due donne talmente diverse da porsi come gli opposti archetipi della femminilità. Introversione contro estroversione, profondità contro superficie, tanti problemi contro nessun problema, infelicità contro desideri. Ma con tutte le loro differenze, le opposizioni del carattere e del fisico, queste due donne sono accomunate da un'esilarante capacità di raccontarsi, da una gustosissima rappresentazione-confessione della propria femminilità. Attraverso la prosa della Mazzantini si snodano due trascinanti stream of consciousness, due monologhi-diario, due apologie appassionate, ora comiche, pirotecniche, esagitate, paradossali, ora intime, struggenti. Sgomente. In una scrittura visionaria, ricca di idiomi espressionistici, di parole gergali o addirittura create ex novo, di preziosismi, vediamo scorrere come apparizioni, fantasmi, macerie, trent'anni di femminismo, di ossessione psicoanalitica, di impegno e riflusso, di edonismo e autocoscienza, di chiacchiericcio intellettualistico e cultura della crisi, di ciarpame metafisico e cianfrusaglie dell'inconscio, tutto accatastato in una colossale svendita. Il testo mescola con grande originalità i luoghi comuni dello psicologismo più trito con le visioni di una fantasia infiammata che pesca spregiudicatamente dallo sciocchezzaio delle rubriche dei rotocalchi fino a trarne, con ilare insolenza, aforismi fulminanti. E così, tra prese in giro delle litanie autocoscienziali e dei lamenti autocommiserativi, tra uno scatto d'irritazione e un gesto di tenerezza, tra identificazioni e sdoppiamenti, si scoprirà che i ruoli si possono benissimo invertire: che la donna nera e la donna variopinta, la positiva e la negativa, la soffocata e l'esplosiva non sono due entità distinte, due estranee sorelle, ma le due facce della luna, i due volti dell'anima femminile dei nostri tempi. Resterebbe da dire chi è la Manola del titolo. Ma sarebbe come confessare chi è il colpevole senza il gusto di averlo prima incastrato.